Creare spazi sicuri dove ogni identità
venga rispettata e valorizzata

Progetti, racconti e testimonianze

“Ognuno di noi ha delle caratteristiche completamente diverse”

Prosegue la campagna di sensibilizzazione per il volontariato a tutela dei diritti. Il claim della campagna – I diritti sono semi: un soffio li diffonde, la cura li fa crescere – rispecchia il lavoro di tante associazioni che tutelano e diffondono questi semi preziosi per tutti noi.

Sulla rivista Società Solidale diamo spazio agli ETS che operano in questo ambito, che si adoperano per chi è più fragile e vigilano affinché quei diritti che ci sembrano dovuti non vengano mai a mancare nelle nostre vite.

Continuiamo il ciclo di interviste con l’associazione Casa Pride APS, nata nel 2024 per sensibilizzare e creare le condizioni per il benessere e la piena realizzazione delle persone con diversi orientamenti e identità.

Abbiamo posto alcune domande al presidente Davide Fissore.

Raccontateci come lavorate nell’ambito della tutela dei diritti.

«Siamo nati un anno fa, non abbiamo molta storia, ma siamo partiti subito perché abbiamo sentito che c’era nella provincia di Cuneo un’esigenza forte di dar voce a chi veramente non ha voce, dare uno spazio a chi non ha spazio.

Ci sono tante persone trans che hanno difficoltà a trovare lavoro nella provincia, se sono fortunate lavorano magari a distanza, molte di loro sono persone bravissime dal punto di vista tecnologico e informatico.

Comunque sono spesso in totale solitudine. Una nostra attività è appunto quella di cercare di fornire degli spazi sicuri, momenti sereni dove si può stare insieme, fare degli aperitivi, sembra banale per chi ha una vita normale, ma per loro è un evento straordinario. Arrivano emozionati e molto spesso mi dicono che non sono abituati ad ambienti sociali, non sanno neanche come comportarsi.

Diamo la possibilità di poter accedere gratuitamente a uno sportello psicologico, abbiamo un gruppo di psicologi e psicologhe che offrono il servizio online, in modo che non ci sia necessità di spostarci fisicamente, per un tot di sedute di accompagnamento e di ascolto.

Dopo queste sedute di accompagnamento e di ascolto, spesso collaboriamo con il Centro trans del Maurice, che è un’associazione storica di Torino, che quindi può accompagnare queste persone nel percorso di affermare ciò che si è.

Anche i genitori spesso, nella nostra provincia, si trovano di colpo a dover confrontarsi con un figlio o una figlia che sta cercando di affermare che non è, non si ritiene nel genere che è stato assegnato alla nascita. È qualcosa di doloroso anche per i figli, per i genitori. Forniamo accompagnamento ai genitori, ai parenti, alle persone che seguono queste situazioni».

Come vi rapportate con le istituzioni? Fate campagne di sensibilizzazione oppure organizzate momenti informativi, lavorate con le scuole?

«Casa Pride nasce, inizialmente, come un’associazione indipendente, non legata a reti come Arci, Arcigay. Siamo un’associazione intersezionale, che vuol dire che non si vede la persona solo da un punto di vista, ma da molti punti di vista.

Infatti al nostro interno abbiamo dei gruppi transfemministi e dei gruppi ad esempio di autocoscienza maschile, ma la nostra caratteristica è portare il cambiamento tramite la cultura. Per agire dal punto di vista culturale tutti gli enti sono ovviamente possibili nostri partner.

Abbiamo fatto un bellissimo lavoro con il Comune di Bra a giugno: un festival di cultura Lgbtqia+, che rifaremo il prossimo anno. È stato un grandissimo successo, ha coinvolto circa 1.500 persone dal vivo e non so quante migliaia online. Questo è un primo passaggio.

Ad esempio siamo in dialogo con il Comune di Savigliano. Poco per volta vogliamo prendere un contatto con le istituzioni, soprattutto per sensibilizzare rispetto alle tematiche di violazione dei diritti o di discriminazione.

Collaboriamo con il nodo anti-discriminazione della provincia di Cuneo, dove segnaliamo tutte le varie situazioni e stiamo preparando un corso di formazione per insegnanti, giornalisti, genitori, nell’ambito della cultura della diversità, quindi per conoscere che cos’è il genere, che cosa sono gli orientamenti affettivi, quali sono, e quindi mostrare le varie differenze.

Poi con l’associazione commercianti di Bra, abbiamo lanciato una campagna di sensibilizzazione che coinvolge tutti i commercianti della città. Alcuni si ritengono certificati come posti sicuri, luoghi dove tutte le persone che appartengono a diversi orientamenti affettivi, ricevono un’accoglienza e un ascolto e magari fungono da primo ascolto, nel caso ci siano segnalazioni da fare a Casa Pride, un po’ come succede nel mondo della violenza di genere con i punti viola.

Poi ci sono altri commercianti che semplicemente prendono una posizione di fronte ad alcune correnti che arrivano, soprattutto dagli Stati Uniti, volte a denigrare o discriminare le persone Lgbt.

Il lavoro di sensibilizzazione ritenete che stia cambiando il clima nel nostro territorio?

«C’è un grandissimo lavoro da fare, l’ideale sarebbe ripartire dalle scuole, ma attualmente ci sono vincoli.

C’è un’urgenza di portare una cultura della diversità creando più incontri possibili con tutte le persone, indipendentemente da posizioni ad esempio religiose o da posizioni politiche, facendo incontrare persone che incontrano altre persone. Quando io incontro una persona trans, faccio l’esempio, e mi racconta la sua storia cambio il modo di vedere la realtà perché entro in contatto con una dimensione che non conoscevo, prima avevo solo dei pregiudizi che probabilmente erano rimandati dalla società».

Come pensate di promuovere una cultura del cambiamento?

«In concreto c’è sicuramente il fatto di girare la provincia e portare una cultura e pensiamo che dal cambiamento dal punto di vista culturale possa nascere anche un cambiamento in ambiti più politici. A livello partitico noi siamo disponibili e aperti con tutte le forze politiche per poter lavorare nella tutela delle persone di minoranze affettive».

Che cosa può fare una persona che vuole diventare vostra volontaria?

«È un ruolo fondamentale perché sono persone che, a seconda del tempo che hanno a disposizione o dei talenti o delle capacità che hanno, li mettono a disposizione per le altre persone associate.

Una forma di volontariato con Casa Pride può essere, ad esempio, seguire la parte di comunicazione per promuovere o fare servizi fotografici quando ci sono gli eventi.

Può essere accompagnare, lo fanno ad esempio i pensionati, delle persone che devono fare delle visite, che magari non sono state accettate dalla famiglia d’origine, che devono sottoporsi a terapie.

Oppure ci sono anche volontari che si danno da fare dal punto di vista di ricerca di idee per promuovere le attività sul territorio e creare punti d’incontro. Anche solo portare delle idee è un’ottima forma per partecipare all’associazione. Attualmente ci sono circa 200 associati e siamo più di una trentina di volontari. È molto importante, c’è molta necessità di avere tanta presenza sul territorio.

Stiamo cercando di avere persone che possono essere disponibili sulle altre città, tipo Cuneo, Mondovì, Saluzzo, dove magari in questo momento non siamo ancora arrivati fisicamente».

Credi che ci sia un cambio di passo sulle nuove generazioni e che quindi il lavoro sia da fare maggiormente sulle generazioni precedenti oppure no?

Penso che la grande difficoltà sia proprio una scelta politica, dove non si vede nell’altro la possibilità di una diversità rispetto a modelli prestabiliti.

Le nuove generazioni sono più aperte nel senso che non hanno introiettato, come le generazioni passate, così tanto il discorso patriarcale. C’è una fluidità maggiore in termini di affettività. C’è, da un certo punto di vista, una maggiore accettazione della diversità frutto di, secondo me, politiche che sono state fatte anni fa, da parte sia della sinistra che della destra. Quando si parla di diritti non si dovrebbe parlare di schieramenti politici».

I diritti sono semi: un soffio li diffonde, la cura li fa crescere. Che cosa ne pensi?

La parola semi è proprio il termine giusto perché in questo momento bisogna rifare qualcosa che era stato fatto negli anni Sessanta, ad esempio, con la lotta per i diritti di genere.

Si tratta di non dare più per scontato che, visto che sono stati piantati, ora non possiamo vivere senza.

Essere sé stessi e tutelare la diversità come valore. Una frase a cui siamo molto allergici è “sono tutti uguali”, è sbagliatissima perché non siamo tutti uguali, ognuno di noi ha delle caratteristiche completamente diverse, siamo esseri complessissimi, l’uno diverso dall’altro. La cosa che ci accomuna è il fatto di essere umani e quindi il ritorno della parola umanità diventa una cosa molto molto urgente.

In realtà non è una questione di cultura sempre, ma è anche una questione di cuore, perché ci sono magari genitori di persone Lgbt, che sono persone molto umili e semplici e che riconoscono l’amore che hanno per il proprio figlio e la propria figlia. Sono quindi capaci di andare oltre gli ostacoli e le barriere sociali e culturali perché vedono come elemento primario l’amore.

Purtroppo altri restano fermi rispetto a un preconcetto e si tolgono la possibilità di essere grati alla vita per avere un figlio o una figlia Lgbt, di riconoscere l’esistenza di persone diverse rispetto a me.

 

Elisa Girardo