IMPARARE A COMUNICARE CON AUTENTICITA'
E COERENZA LA BUONA CAUSA
La parola a
“La chiave è usare metodo e cuore”

CSVnet Piemonte ha proposto ai volontari il percorso formativo “La raccolta fondi: linee guida, comunicazione della buona causa e crowdfunding”. Si tratta di una fonte di entrate da sempre cruciale per gli Enti del Terzo Settore.
Gli incontri si sono tenuti online:
16 settembre – Docente: Melissa Lonetti “Le linee guida, gli aspetti amministrativi e fiscali, gli adempimenti e la rendicontazione separata delle raccolte fondi con esempi pratici”
23 settembre – Docente: Greta Orsenigo – Confinionline “Comprendere l’importanza di comunicare con autenticità e coerenza la propria causa”
30 settembre – Docente: Greta Orsenigo – Confinionline “Fornire una panoramica sul funzionamento del crowdfunding”.
Abbiamo posto alcune domande alla formatrice Greta Orsenigo su come insegnare agli ETS a comunicare in modo efficace per costruire relazioni di fiducia con i donatori e su come superare anche gli ostacoli.
Le associazioni possono imparare a comunicare con autenticità e coerenza la propria causa e a strutturare una narrazione efficace per coinvolgere sostenitori e donatori?
«Sì, assolutamente. Comunicare con autenticità e coerenza non è un talento innato, ma una competenza che si può sviluppare con metodo e consapevolezza. Le associazioni devono innanzitutto partire dal proprio “perché”, cioè dalla motivazione profonda che dà senso alla loro esistenza, come suggerisce Simon Sinek con il suo Golden Circle. Quando un ente è in grado di raccontare non solo cosa fa, ma perché lo fa, diventa credibile e ispirante. La narrazione deve essere coerente con i valori e le azioni quotidiane dell’organizzazione: ciò che si comunica deve corrispondere a ciò che si vive. Una comunicazione autentica parla con un tono umano, diretto e trasparente, capace di emozionare senza manipolare. Strutturare una narrazione efficace significa dare centralità alle persone e all’impatto reale delle attività, trasformando dati e progetti in storie di cambiamento. In questo modo, i donatori si sentono parte di una comunità e non semplici finanziatori e la comunicazione diventa uno strumento di relazione e fiducia».
Come costruire una relazione di fiducia con i donatori attraverso la trasparenza?
«La fiducia nasce dalla coerenza tra ciò che un’organizzazione dichiara e ciò che effettivamente realizza. La trasparenza è quindi la base su cui costruire legami duraturi con i donatori. Essere trasparenti significa comunicare in modo chiaro chi siamo, cosa facciamo, perché raccogliamo fondi e come li utilizzeremo. È importante evitare linguaggi tecnici o promesse vaghe, preferendo un linguaggio semplice e concreto. Dopo la raccolta, la restituzione è fondamentale: bisogna mostrare come le donazioni si sono trasformate in risultati concreti, raccontando non solo i numeri ma anche le storie e i volti dei beneficiari. Ringraziare in modo personalizzato, aggiornare sui progressi dei progetti e rendicontare in modo puntuale rafforza la percezione di affidabilità. La trasparenza non è solo un obbligo, ma un gesto di rispetto verso chi sceglie di fidarsi. In questo senso, il donatore diventa partner di missione, partecipe del cambiamento che contribuisce a realizzare, e non un semplice soggetto esterno».
Come si può costruire una storia coinvolgente, tra le tante che accadono nel mondo del volontariato?
«Costruire una storia coinvolgente richiede la capacità di scegliere e valorizzare un frammento autentico di vita tra le tante esperienze che il volontariato offre ogni giorno. La chiave è individuare una vicenda che rappresenti bene i valori, la missione e l’impatto dell’associazione. Una buona storia segue una struttura chiara: protagonista – problema – soluzione – invito all’azione. Il protagonista deve essere una persona reale o simbolica, capace di suscitare empatia; il problema va presentato con sensibilità ma senza pietismo; la soluzione mostra come l’associazione interviene concretamente; infine, l’invito all’azione (Cta) apre la porta al coinvolgimento del pubblico. Le immagini e i video rafforzano l’impatto emotivo, ma devono essere autentici e coerenti con la realtà. Lo storytelling efficace trasforma l’ascoltatore in parte della storia stessa: chi legge o guarda deve percepire che, con la propria donazione o partecipazione, può contribuire a un cambiamento reale. È così che una storia diventa leva di ispirazione e fiducia».
È importante anche monitorare le campagne di raccolta fondi?
«Sì, il monitoraggio è una fase cruciale di ogni campagna di raccolta fondi. Senza misurare l’andamento delle proprie azioni, un’organizzazione non può sapere cosa funziona, cosa migliorare e come ottimizzare le risorse. Monitorare significa osservare in tempo reale i dati relativi alle donazioni (importi, numero di sostenitori, canali più efficaci) e analizzare i comportamenti del pubblico. Questa analisi consente di adattare la comunicazione, rilanciare con nuovi contenuti o definire mini-obiettivi intermedi per mantenere alta la motivazione. Il monitoraggio serve anche a garantire trasparenza verso i donatori, mostrando i progressi raggiunti e gli impatti concreti. Inoltre, una campagna non termina con la raccolta: la fase di follow-up — fatta di ringraziamenti, aggiornamenti e rendicontazioni — consolida la relazione con i donatori e prepara il terreno per il futuro. In sintesi, monitorare significa trasformare la raccolta fondi da semplice azione tattica a processo strategico e relazionale».
Quali sono gli ostacoli maggiori per un Ente del Terzo Settore secondo Lei, soprattutto se di piccole dimensioni?
«Gli ostacoli principali per gli Enti del Terzo Settore, in particolare quelli di piccole dimensioni, riguardano la mancanza di risorse, competenze e tempo. Spesso le realtà più piccole si reggono sul volontariato e faticano a dedicare energie alla pianificazione strategica o alla comunicazione professionale.
C’è inoltre una scarsa cultura del dono continuativo in Italia, che rende difficile stabilizzare le entrate. Un altro limite è la difficoltà nel raccontarsi: molte associazioni compiono azioni di grande valore, ma non sanno tradurle in narrazioni capaci di emozionare e attrarre sostenitori. A questo si aggiunge la diffidenza dei cittadini dovuta a una percezione di poca trasparenza del settore. Tuttavia, proprio le piccole organizzazioni hanno un punto di forza: la vicinanza al territorio e alle persone. Coltivando autenticità, trasparenza e relazioni dirette con la comunità, anche un piccolo ente può costruire fiducia, trovare alleati e crescere in modo sostenibile. La chiave è imparare a comunicare con metodo e cuore».
Giorgia Barile

Greta Orsenigo è fundraiser, consulente e formatrice orientata all’impatto sociale. Collabora con Confini Oline in qualità di consulente e formatrice. In Metadonors guida l’Impact Partnership Development, creando alleanze tra imprese e Terzo Settore per trasformare obiettivi Esg in risultati misurabili. Come freelance affianca organizzazioni non profit su strategia, campagne e gestione dei sistemi donatori, portando metodo e visione. Ha collaborato su corporate fundraising e posizionamento ESG, costruendo percorsi di valore condiviso con partner aziendali. È stata promotrice del dono, coordinando progetti, relazioni con i donatori ed eventi di raccolta fondi. Ha curato pianificazione e coordinamento in realtà associative e fondazioni, occupandosi di sviluppo, comunicazione e coinvolgimento della community. La sua formazione unisce promozione del dono, Csr, economia civile e finanza etica. Crede nella collaborazione tra settori come infrastruttura di fiducia capace di generare impatto concreto e duraturo.