"Pa ra da" di Marco Pontecorvo

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La recensione del film

La recensione del film PA RA DA di  Marco Pontecorvo a cura del professor Pier Mario Mignone.

“Pa ra da” è un’associazione reale e operativa tra Romania e Italia che si occupa dei piccoli “boskettari”, orfani o abbandonati che vivono nel degrado urbano e nelle fogne della Bucarest post Ceausescu. Fanno parte di Pa Ra Da dei volontari, grazie anche a donazioni di privati e qualche aiuto di Enti vari. Nel 2008 è diventata anche un film, un coproduzione italo-franco-romena che ha commosso pubblico e critica della Mostra di Venezia: l’ha diretto Marco Pontecorvo, il figlio del grande autore di La battaglia di Algeri, al quale è pure dedicato.

Miloud Oukili, clown di strada franco-algerino,  sceglie di andare due mesi a Bucarest dove incontra una realtà in sfacelo di bambini tra i tre e i sedici anni che sopravvivono in anfratti e  gallerie fognarie  tra mendicità e furti, prostituzione, violenza, sniffando colla. Miloud si serve della sua clownerie, naso rosso, viso pitturato, trampoli e prestidigitazione per creare attorno a sé un gruppo cui dare il senso del rispetto di se stessi e degli altri, un codice morale e risvegliare la speranza. Contro la connivenza delle autorità, la diffidenza della gente impaurita e lo scetticismo delle stesse associazioni umanitarie: non vuole infatti un assistenzialismo burocratico, ma il formarsi di una coscienza civile della dignità umana con un percorso gioioso: con la sua arte circense, Miloud crea “uno sgargiante carnevale su un’angoscia che si rinnova insieme all’idiozia burocratica e all’indifferenza civile” (Germano Innocenti). Il momento culminante di questa visionarietà umanistica è quando il piccolo Cristi, nonostante le vertigini, si arrampica in cima alla piramide umana di compagni e fratelli e diventa l’icona commovente di una acquisita consapevolezza di gruppo e dei valori condivisi per comporlo.

Considerata “una pellicola necessaria e straziante”, un cinema civile di immediato impatto,  il regista, memore dell’esperienza del padre Gillo, getta uno sguardo neorealista sulle varie vicende, senza pietismi né inciampi moralistici, anche se non privo di didascalità propria delle opere prime. Sceglie la pellicola nel formato 16 mm, leggera e più maneggevole del 35 mm, la usa spesso a spalla come nei reportage di attualità, si serve del l teleobbiettivo per cogliere in modo ravvicinato e spontaneo espressioni e gesti, ma stando a distanza senza interferire. E un montaggio mosso e veloce.

 

Pier Mario Mignone

Pier Mario Mignone
Frequenta come borsista di Ca’Dolfin l’Università di Venezia “Ca’ Foscari”, dove si laurea in Lingue e Letterature Straniere (Inglese e Americano). Insegna Inglese al Liceo Ginnasio “Govone” di Alba e poi al Liceo Scientifico “Cocito”.

Nel contempo si occupa di Cinema, fondando alcuni Circoli del Cinema (aderenti all’Unione Italiana Circoli del Cinema, di cui è stato presidente per alcuni anni e di cui è tuttora consigliere).

Unitamente a pubblicazioni varie, tiene incontri di cultura massmediatica per scuole, enti pubblici e privati, college, in Italia e all’estero. Ha svolto pure attività di group leader per studenti di vacanze-studio nel Regno Unito, Irlanda e Stati Uniti, iniziando altresì un’intensa produzione video documentaristica tuttora in piena attività. È stato tra i fondatori di Alba International Film Festival, di cui è attualmente presidente, e ha fatto parte di alcune giurie in festival internazionali.

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