Per poi svegliarmi in un quadro

Cultura e news dal volontariato

La recensione del libro di Valentina Venti

“Per poi svegliarmi in un quadro” è il libro di Valentina Venti che è stato presentato ad Alba e a Treiso a gennaio tramite Ho Cura ODV. Ce lo racconta Luciana, volontaria dell’associazione.

“Per poi svegliarmi in un quadro” è un libro che racconta il dolore, la rabbia, il sacrificIo, la forza, il sorriso e la voglia di respirare a fondo la vita con tutte le sue sfumature, la vita che è sempre e comunque un quadro dai mille colori.

Valentina Venti è abruzzese, nata a Sulmona nel 1976, è docente di lettere e di latino delle scuole superiori.

La storia che ci narra in questo splendido libro, è una autobiografia, è la narrazione del tempo che vive la protagonista a partire da quando si trova ad affrontare una situazione di cui avrebbe fatto volentieri a meno: la diagnosi di un cancro.

Valentina nelle toccanti pagine del libro racconta con profondità e leggerezza il suo viaggio dantesco all’interno dei gironi della malattia, dalla diagnosi, all’intervento fino ad arrivare a raccontare in una sorta di diario, i giorni terribili della chemioterapia.

Il cancro, che nel libro viene chiamato “il Drago” diventa un’esperienza terribile, ma nello stesso tempo pazzesca grazie alla quale lei scoprirà i suoi limiti, ma anche la sua immensa forza; il cancro le insegnerà ad affrontare il dolore cambiando strategia di vita e modificando i suoi punti di vista.

«Ho scoperto cosa vuol dire amare i dettagli. Cavalcare le emozioni. Vivere i propri affetti. Sorridere nel dolore. Lasciarsi andare alle proprie debolezze, senza rimproverarsi nulla».

Il viaggio di Valentina racconta della sua malattia, ma leggendo il libro ci accorgiamo subito che la sofferenza da lei descritta ha senza dubbio una valenza universale: nel romanzo non compaiono nomi propri, nemmeno delle persone che lei ama di più, il marito e le figlie, e non ci sono riferimenti geografici. Tutto ciò fa si che sia possibile trasformare la sua storia personale in qualcosa in cui tutti possono riconoscersi perché il Drago può presentarsi ad ognuno di noi assumendo varie forme, non solo quella del cancro.

La storia di Valentina, che non è mai triste o pessimistica, ma, seppur intensa, è leggera e spesso ironica, è la storia di una metamorfosi, di una profonda trasformazione. La malattia diventa un’occasione per affrontare il destino non con rassegnazione, ma con energia, con desiderio di vedere nel cambiamento un’occasione di rinascita.

Passando attraverso la disperazione e l’angoscia, Valentina giunge all’accettazione e al superamento del dolore causato dalla malattia e dai cambiamenti che essa impone al suo corpo e alla sua psiche e riesce a condividerlo, dopo aver anche vissuto momenti di solitudine (dovuti anche al fatto che i suoi ricoveri e le sue cure sono avvenute nel periodo del Covid, per cui in ospedale lei era sempre sola) con le persone a lei care e attraverso il libro con tutti noi. Lei imparerà ad apprezzare la felicità e la bellezza che l’aiuteranno nel suo processo di rinascita in cui la sofferenza assumerà le sembianze di un’entità rivelatrice che si manifesta solo alle persone autentiche, che con amore riescono ad arrivare alla vera essenza delle persone e delle cose.

«E così, con fatica, sono sincera, ho trovato la felicità nel ricordo del rumore del mare, nell’acqua gelida, nei sassi dalle forme bizzarre, nelle risate delle mie figlie, negli occhi di lui, nel sugo allo scoglio! Ma sopratutto ho capito che devo imparare ad amare l’attesa come una canna da pesca».

Valentina al termine del romanzo non solo riesce a perdonare la malattia in quanto non si fa sopraffare da essa, ma la tratta con gratitudine poiché grazie al dolore è riuscita a conoscersi meglio e a realizzare la vera libertà che è possibile conoscere solo quando, superando i limiti che noi stessi ci imponiamo, raggiungiamo una dimensione in cui nulla ci fa più paura.

 

Luciana Saglietti

Articoli correlati