In un gioco di squadra il risultato è di tutti

La parola a

“Il mondo del volontariato migliora la qualità degli interventi”

Prosegue il ciclo di interviste ai direttori del sistema locale degli interventi sociali della provincia di Cuneo, per approfondire le relazioni e le collaborazioni territoriali che coinvolgono il Terzo Settore e il CSV.
Abbiamo posto alcune domande a Marco Bertoluzzo, Direttore del Consorzio Socio-Assistenziale Alba – Langhe – Roero, Ente pubblico costituito da 64 Comuni.

Direttore, quali sono attualmente le forme di coinvolgimento del Terzo Settore da parte del Consorzio socio assistenziale?

«Io farei una differenza tra il mondo della cooperazione e il mondo associazionistico, il volontariato.

Nel primo caso abbiamo bisogno di figure professionali di un certo tipo che mettano in campo servizi fatti con puntualità, rigore, di natura professionale. Per esempio per l’educativa territoriale con ragazzi disabili o con minori, abbiamo acquistato ore di servizio tramite appalto. Di fatto, c’è una procedura amministrativa di un certo tipo per cui sostanzialmente queste realtà cooperative del Terzo Settore svolgono un servizio analogo a quello che dovrebbero fornire gli operatori pubblici. Questo vale per l’educativa territoriale e il servizio di assistenza domiciliare. Con questi soggetti non abbiamo effettuato una vera e propria coprogettazione, ma l’Ente ha bandito una gara, gli operatori economici hanno partecipato e in base a una serie di criteri predefiniti sono state premiate le offerte più vantaggiose per l’Ente che vive di risorse pubbliche.

Noi abbiamo bisogno di fare procedure amministrative trasparenti che premino il valore delle offerte che rispettano determinati criteri valutativi e procedure di selezione.

Nel filone che riguarda le associazioni e il mondo del volontariato, rispetto all’Ente pubblico, il lavoro svolto dagli operatori è complementare ed il risultato ottenuto permette ai servizi di essere più qualificati dal punto di vista di un arricchimento di quanto offerto alla cittadinanza con l’appalto, secondo me, anche se meno tecnici.

Ad esempio, se noi consideriamo un servizio di educativa territoriale tout court, l’educatore va a casa del ragazzino che ha una serie di problematiche e lo aiuta regolarmente due ore al giorno nella gestione dei compiti, nella socializzazione due volte alla settimana in orari ben precisi.

Se noi invece forniamo il servizio di trasporto tramite un’associazione di volontariato che dà disponibilità ad accompagnare una mamma sola, una tantum, ad una visita medica, quel trasporto risulta molto interessante perché non è un “servizio taxi”, ma è un servizio di “un cittadino che accompagna cittadini” in qualche modo in difficoltà e aggiunge al trasporto la qualità della relazione: il volontario interloquisce con le persone che accompagna, le aspetta, magari si fermano a bere un caffé. C’è una qualità della relazione non standardizzata che, però, fa la differenza.

Il mondo del volontariato migliora la qualità degli interventi, ma non possiamo chiedere di sostituirsi in funzioni che devono essere esercitate in un certo modo secondo certe professionalità tecniche e caratteristiche ben definite.

Le illustro con un ulteriore esempio un’altra realtà per noi molto importante.

Abbiamo un’esperienza ultraventennale di gestione e organizzazione, nella città di Alba, nella Destra Tanaro (le Langhe) e nella Sinistra Tanaro (il Roero), realtà territoriali diverse, del tempo pomeridiano dei bambini in età scolare.

Il servizio è gestito quasi sempre da realtà del Terzo Settore: il coordinamento di mamme, l’associazione locale, un’associazione grande di volontariato, in alcuni casi anche cooperative che forniscono apporto di personale. Le associazioni a loro volta fanno gravitare ragazzi giovani che sviluppano un intervento di comunità nei confronti dei più piccoli, li aiutano a fare i compiti, fanno momenti di gruppo, di discussione e di crescita personale.

Abbiamo una vivacità di espressioni diverse nel mondo del Terzo Settore che permette, durante l’anno scolastico, di avere una realtà aggregativa e di supporto ai ragazzi nei nostri paesi che rende migliore la qualità di vita in quel territorio. Tale servizio è strutturato con un certo impegno, con cadenza infrasettimanale fissa, senza essere, però, un’attività professionale.

Questo è quello che ha permesso, secondo me, al nostro Consorzio di avere meno situazioni problematiche rispetto alla media degli altri territori, perché appena emerge la difficoltà (una problematicità che riguarda un minore, qualche problema di relazione con i compagni, una trascuratezza da parte della famiglia insieme alla scuola) grazie a queste attività aggregative la si affronta subito, si cerca di mettere in campo una serie di risorse e di interventi che vanno a migliorare la situazione o la si prende in carico per un intervento socio sanitario qualificato che permetta di affrontare, ed anche risolvere, i problemi che si sono evidenziati.

Questo è un rapporto che dura da anni, ormai stabilizzato, che vede ogni anno diverse persone che si mettono in gioco, bambini nuovi che arrivano. È una bellissima esperienza di collaborazione tra Ente locale pubblico di secondo livello, come il nostro, e tutti i movimenti della cooperazione e del mondo del volontariato associazionistico, che ha contribuito a qualificare il nostro territorio.

Lei vede la possibilità di dare spazio alla coprogettazione?

«Non abbiamo avuto numerose esperienze di coprogettazione, solo qualcuna, interessante, ma ha rivelato anche dei limiti, perché dove si è affidato un servizio di appalto come quello di assistenza domiciliare, in cui gli Oss vanno a casa degli anziani per certi tipi di attività, non c’è spazio per una coprogettazione: in questo caso gli interventi sono ben definiti e sono ripetitivi ed è costante nel tempo il loro espletamento.

La coprogettazione richiede l’individuazione di aree tematiche nuove che risultano emergenti in un certo momento storico. Quindi si fa un ragionamento come Ente pubblico rispetto alle realtà del privato, si fa una costruzione proiettata nel tempo, ci si confronta su quali obiettivi si vuole raggiungere, quale tipo di servizi mettere a disposizione, come realizzare una coprogettazione che vede anche tempi di valutazione e di verifica e poi insieme si lavora per co-progettare. Là dove i servizi sono già definiti non ha senso.

È un metodo di lavoro utile dove ci sono certi bisogni.

Secondo me questo è uno stimolo interessante per il CSV».

Quale potrebbe essere il ruolo del CSV, ETS a sua volta, nell’amministrazione condivisa?

«Sarebbe interessante, così come l’approfondimento tematico su alcune situazioni, per esempio l’aumento dei senza dimora, l’aumento di situazioni di emergenza abitativa. Può essere uno stimolo all’attività degli Enti Locali, tenga conto che i Consorzi della provincia di Cuneo si vedono mensilmente.

Il CSV potrebbe offrire un percorso sia sul metodo, tramite l’approfondimento su che cos’è la coprogrammazione, sulla gestione di eventuali spazi e ambiti, sui nodi problematici dei servizi, quindi un aiuto per un percorso formativo e di sensibilizzazione, sia sull’individuazione di alcune aree tematiche emergenti di cui quindici anni fa non si parlava ancora, per capire come affrontare il problema insieme, attingendo anche a esperienze diverse: faccio l’esempio della grande città che da sempre affronta il tema dei clochard.

Si potrebbe fare sinergia per capire quali associazioni coinvolgere su un tema del genere: ad Alba ci sono sia associazioni caritatevoli che di altro tipo, penso agli ex Carabinieri che hanno dato una mano nella gestione dell’emergenza estiva garantendo una tipologia di aiuto perché arrivano da un certo tipo di esperienza e sanno garantire certi interventi e non altri. Per fare un bel lavoro sul territorio occorre il più possibile la sinergia del maggior numero di soggetti possibile.

Il CSV potrebbe fare da stimolo.

L’altro problema è quello delle case, vuote, sfitte, quindi quale associazione mettere in campo per essere di aiuto in questo caso. Noi abbiamo fatto l’esperienza con un’associazione che si è occupata negli anni di emergenza abitative ed è stato interessante, poi ci sono state difficoltà nel continuare, però è stato un inizio di percorso.

Su certe aree tematiche il CSV avrebbe la possibilità di portare al tavolo esperienze anche nazionali, grazie alla rete CSVnet: potreste aiutarci con uno sguardo diverso, che non è quello dell’Ente pubblico “incanalato” su certi binari.

Questo secondo capitolo è quello delle aree tematiche emergenti su cui non c’è storia ed esperienza. Affrontarlo coinvolgendo il CSV e il Terzo Settore, con una centrale come la Vostra, sarebbe interessante»

Come modalità Lei che cosa riterrebbe utile?

«Come abbiamo a livello provinciale nella gestione degli operatori sul tema dell’autismo, potremmo incontrarci una volta al mese noi direttori dei Consorzi con Voi e parlarci di questa possibilità, costruirla insieme e poi lanciarla sia a livello di ricaduta territoriale locale. Dovremmo pensare che cosa potrebbe essere di interesse, su che cosa potremmo lavorare insieme e poi far partire un percorso di sensibilizzazione, formazione, ricerca.

So che il tema dei senza tetto è emergente a livello provinciale. I dormitori sono quasi tutti gestiti dagli ETS in convenzione con l’Ente pubblico con capacità che l’Ente pubblico da solo non è in grado di mettere in campo».

C’è un sogno nel cassetto per l’amministrazione condivisa?

«Il sogno è di riuscire a costruire reti di lavoro dove l’obiettivo non sia l’importanza della singola realtà, dove si possa non portare a casa un risultato che è unicamente un bilancio settoriale, come associazione, e ad immaginare che lavorando insieme il risultato è qualcosa che supera abbondantemente l’apporto del singolo. Imparare a costruire qualcosa in cui il risultato sia veramente patrimonio di tutti.

Ci sono realtà che vanno in competizione quando, in realtà, il senso è lavorare per la comunità, per il territorio, non tanto brillare più di un altro.

La questione è che l’Ente pubblico è troppo lento e pachidermico, spesso a causa della burocrazia ed il privato sociale è visto, a volte, come mero esecutore di servizi.

Si provi invece a immaginare che un progetto fatto bene serve al cittadino ed è un risultato non solo della sommatoria di questi due aspetti così diversi, ma qualcosa è di più: lavorare insieme perché facendo un gioco di squadra il risultato è di tutti, non di chi ha giocato di più o meglio».

 

Giorgia Barile

Foto di Severino Marcato
Foto di Severino Marcato
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