Prendersi cura dei beni naturali sul territorio

Progetti, racconti e testimonianze

Ogni cittadino è custode dell'ambiente

Proseguono le interviste della redazione di Società Solidale a supporto della campagna CSV “La natura ha bisogno di te” che mira ad accendere i riflettori sulle associazioni che, sul territorio, si adoperano nel volontariato ambientale.
Allo stesso tempo la campagna vuol sensibilizzare su che cosa ognuno di noi può fare per sostenere la terra e i suoi abitanti.

 

 

Abbiamo intervistato due associazioni che si occupano di preservazione di beni ambientali, di cui ognuno di noi dovrebbe sentirsi custode.

Canale ecologia ODV si occupa di tutela ambientale principalmente nel territorio del Roero, da oltre trent’anni. Abbiamo intervistato Gino Scarsi, fondatore e attuale consigliere del sodalizio che ci ha fornito anche qualche aspetto di evoluzione del volontariato ambientale in questi ultimi decenni.

Langa Silvatica I want to be Tree ODV si è costituita un anno e mezzo fa per la salvaguardia di ambienti naturali principalmente in alta Langa. Ci ha risposto la presidente Carlotta Gilio.

 

Gino Scarsi di Canale ecologia ODV

La vostra associazione è impegnata da oltre trent’anni a tutelare il territorio con iniziative in difesa dell’ambiente, della salute e della qualità dell’aria. Ritenete che oggi ci sia più sensibilità sull’ambiente rispetto a quando avete iniziato? I rapporti con i cittadini e i rapporti con le amministrazioni pubbliche sono cambiati?

«Se assumiamo il devastante cambio climatico in atto (definito anche come sesta estinzione di massa), come maggiore motivazione per le iniziative attuali della nostra associazione in difesa dell’ambiente, occorre ammettere che all’inizio dell’attività della stessa, questa tematica non era assolutamente percepita, almeno nella zona di Canale-Roero. In pratica abbiamo vissuto il passaggio da una economia ancora agganciata al risparmio, a quella consumista che spreca e produce rifiuti. I temi locali erano legati infatti alle discariche e ai troppi veleni usati, non solo in agricoltura, mentre il dibattito generale era già rivolto alla produzione di energia, per noi con la promozione delle rinnovabili, parallela invece alla decisa contrarietà al nucleare.

Una coscienza maggiore sul valore del suolo da non cementificare e temi collegati al cambiamento climatico arriveranno solo molto più tardi, (dal 2009 in avanti). Certamente in zona vi è una sensibilità maggiore rispetto a quando abbiamo iniziato; il merito è ovviamente da ascrivere alla nascita prima del Piccolo Parco di Mombirone e in seguito dell’Oasi di San Nicolao (a Canale, ndr) con l’acquisto in proprietà di più di 400.000 metri quadrati di terreni boschivi nelle Rocche del Roero. I rapporti con i cittadini e le amministrazioni pubbliche sono effettivamente cambiati in meglio, pur non modificando le nostre prese di posizione autonome e se è il caso di denuncia in relazione a situazioni ambientali critiche».

 Quali sono le emergenze oggi in questo territorio?

«Le emergenze sono legate sostanzialmente ad una strisciante perdita di biodiversità, il ritorno dell’uso del diserbo chimico nelle vigne, per una legislazione europea in retromarcia, la perdita di porzioni di terreni boscati e la mancanza di cura nei boschi restanti, (questo fa sì che edere e specie invasive pregiudichino irrimediabilmente una equilibrata biodiversità). La presenza di sversamenti di acque nere, e zone non ancora adeguatamente servita da fognatura».

È difficile fare educazione ambientale partendo dalle scuole? Quali sono le maggiori difficoltà?

«L’educazione ambientale intesa come processo educativo che non trasmette solo informazioni scientifiche, ma promuove una cultura ecologica che stimoli la partecipazione attiva e il senso di responsabilità individuale e collettiva, deve partire dalle scuole, dove incontra alcune difficoltà:

– programmi scolastici già saturi

– scarsa formazione specifica di gran parte del corpo insegnante

– limitazioni economiche delle scuole alla realizzazione delle specifiche attività (orti, gite outdoor, laboratori ecc.)

– burocrazia e tempi lunghi (autorizzazioni, bandi per finanziamenti sfasati rispetto all’anno scolastico)

– scarsa propensione da parte del corpo insegnante ad assumersi responsabilità connesse alle uscite outdoor, che prevedono la loro volontarietà di partecipazione.

Nonostante quanto sopra, Canale Ecologia persegue un serrato programma di “outdoor education” guidando numerose uscite scolastiche di formazione e istruzione all’aperto per facilitare i giovani alla capacità di osservazione e favorire la passione per la salvaguardia dell’ambiente».

Come si fa a diventare volontari per l’ambiente e ancor prima cittadini che si prendono cura del bene comune secondo voi?

«Cittadini che si prendono cura dell’ambiente riconoscendolo come bene comune si diventa se si è educati sin da giovani in famiglia e nelle scuole con adeguati metodi e informazioni.
L’ideologizzazione strumentale divisiva attuata a livello politico non aiuta il processo, facendo mancare incentivazione, coesione, azioni e messaggi orientati in quella direzione. Diventare volontari per l’ambiente non è facile per diversi fattori.

Tra i principali:

– tempo e impegni personali, legati anche alle fasi della propria vita (scuola, famiglia, lavoro ecc.)

-scarsa informazione da parte delle iniziative ecologiche operanti nel settore, con conseguente difficoltà nella loro emulazione

– eccessiva frammentazione tra enti, associazioni e Comuni

– costi per spostamento, attrezzature assicurazioni, corsi abilitanti (sicurezza)».

 

Carlotta Gilio di Langa Silvatica ODV

La vostra associazione è nata di recente per preservare, in particolare, un bosco. Perchè questo è importante per la collettività?

«All’interno dei boschi si può pensare di preservare ancora alcune specie, sia di fauna che di flora, che altrimenti potrebbero andare distrutte o addirittura compromesse. È importante per la collettività perché avere spazi verdi, degli spazi in cui si può camminare, anche rispettare l’ambiente, porta dei benefici sia per l’ambiente circostante, intendendo l’ambiente circostante come un organismo altrettanto importante quanto quello più urbano, sia perché la collettività può in questa maniera beneficiare di aree verdi, dove si può camminare senza i rumori, camminare senza le macchine avendo dei polmoni verdi che ci danno una mano nel mantenimento anche della nostra salute stessa.

Langa Silvatica è un’associazione che è nata proprio per la salvaguardia di ambienti naturali, con il focus principalmente sugli ambienti naturalistici rilevanti, di cui, in questo periodo storico, si è sempre più bisognosi.

Questo per diversi aspetti: uno per una visione che non vede solamente l’essere umano al centro della gestione, della vivibilità dell’ambiente esterno, ma anche perché proprio per l’essere umano vivere l’ambiente naturale porta dei benefici sia di salute, sia di benessere emotivo. Il fatto di poter avere delle zone verdi, libere, senza recinzioni, senza una monocultura insediata, ma anzi prolifera, crediamo che sia un obiettivo abbastanza fondamentale per tutti, compresa la nostra specie umana».

Quali sono le emergenze oggi in questo territorio?

«Ci troviamo in un periodo storico in cui l’Ingegneria meccanica ha fatto passi da gigante e lo sfruttamento del suolo, anche per finalità urbanistiche, porta e sta portando evidenti danni sia sul suolo stesso che sull’ecosistema.
Questa emergenza la possiamo fermare acquisendo degli spazi che possono essere mantenuti.
Un’emergenza molto importante è l’erosione del suolo che attraverso gli estirpi massicci dei boschi può portare comunque a situazioni di frane, dissesti idrogeologici, ma in particolar modo disequilibri abbastanza importanti della nostra flora e della nostra fauna autoctona.
Preservare degli ambienti naturalistici fondamentali può portare ad avere un ambiente naturale equilibrato, sano e che possa in qualche maniera creare anche nuova vita».

È difficile fare volontariato in campo ambientale? Quali sono gli aspetti più critici?

«Intanto credo che sia complicato fare volontariato su tanti ambiti. Noi ci siamo introdotti nel settore ambientale e in quello ambientale e una delle grandi difficoltà che abbiamo riscontrato come volontariato ambientale è il fatto che acquisire degli spazi verdi e naturalistici comporta un investimento di soldi abbastanza importanti. Quindi il volontariato in tema ambientale sta cominciando a trovare il proprio spazio, i propri tempi, ma purtroppo non è evidentemente ancora un settore così sentito. Noi siamo solamente da due anni in attività, quindi per il poco lavoro che abbiamo fatto abbiamo riscontrato da parte del territorio una risposta importantissima.

Le grandi criticità che trova il volontariato ambientale è il fatto di non avere delle risorse così immediate per riuscire a intervenire in maniera consistente. I Comuni si stanno muovendo, ma non ci sono leggi nazionali che consentono un insediarsi immediato, perché ci sono delle proprietà che devono essere acquisite prima di poter riuscire a reperire».

Che cosa può fare un cittadino per prendersi cura dell’ambiente? Quali sono consigli e prassi virtuose?

«Ogni cittadino credo che abbia l’opportunità e la possibilità, se non addirittura il diritto e dovere, di prendersi cura dell’ambiente naturale circostante. Mi piace molto la parola di diventare custodi dell’ambiente naturale perché il suolo che noi calpestiamo, i boschi che noi attraversiamo, i prati che noi possiamo esplorare, andando anche a raccogliere erbe e fiori, sono di tutti e tecnicamente non sono di nessuno di noi. L’ecosistema naturale vive di sua autonomia, per cui il fatto di riuscire a vederne la potenzialità e l’importanza dovrebbe riguardare ciascuno di noi, proprio per riuscire a vederci non sempre egemonici su questo mondo, ma a vederci bastanti e ogni tanto occupanti di questo suolo.

Noi siamo solamente gli eredi di tutto quello che ci è stato lasciato e quindi abbiamo il dovere di dovercene prendere cura.

Le prassi principali sono riuscire ad avere la giusta attenzione nei confronti dell’ambiente naturale, quindi passare all’interno di questi ambienti naturali con rispetto, non lasciare immondizia in giro, non creare danno alla flora e alla fauna mentre si percorrono i boschi, non attraversare gli ambienti naturali con attrezzature troppo rumorose o che possono creare dei danni al suolo. Un’altra prassi potrebbe essere quella della segnalazione di specie, sia arboree che faunistiche, importanti, che magari sono in grosso rischio di estinzione anche, quindi principalmente vivere il contesto naturale che attraversiamo principalmente con rispetto, sia dell’acqua che del suolo, che della flora e della fauna che ci vive dentro».

Visita il sito per la campagna CSV “La natura ha bisogno di te“. 

Giorgia Barile

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